Con la fine del segreto sui conti della compagnia petrolifera di stato saudita, emergono i numeri da capogiro del colosso. Cifre che sbaragliano la concorrenza e superano anche i colossi del tech.
L’Arabia Saudita, capofila dei paesi produttori di petrolio dell’OPEC, alza il velo su uno dei suoi maggiori e meglio custoditi segreti.
Il governo di Ryad, infatti, è sempre stato restio a divulgare i propri dati finanziari, Aramco ha dovuto farlo per ottenere una valutazione pubblica in vista del lancio del suo piano obbligazionario da 10 miliardi di dollari.
Nonostante l’enorme profitto, il colosso petrolifero statale è stato valutato da agenzie di rating alla pari con l’Arabia Saudita, il che significa che l’economia stagnante del regno peserà sul costo del prestito di Aramco. L’iniziativa è volta a favorire l’acquisto da parte della compagnia di stato del colosso petrolchimico Sabic.
IL GIRO D’AFFARI
Per il gigante del petrolio ha sbaragliato le majors occidentali con un’utile netto per il 2018 pari a 111,1 miliardi di dollari.
Neanche il colosso tech di Cupertino, Apple, che finora deteneva il podio, è riuscito a eguagliare. Ancora più sorprendente è il confronto con le compagnie petrolifere più virtuose e redditizie come Royal Dutch Shell ed ExxonMobil, che hanno chiuso l’esercizio con profitti netti di 23,4 e 20,8 miliardi di dollari rispettivamente.
L’italiana Eni ha visto chiudere il suo esercizio con utili poco sopra i 4 miliardi di euro.
Per Aramco il giro di affari è superiore ai 350 miliardi di dollari e, inoltre, può contare su un numero considerevole di scorte. Infatti, secondo i report di agenzie indipendenti le riserve totali di petrolio saudite superano i 250 miliardi di barili. La produzione giornaliera di petrolio, nel 2018, si è attestata 10,3 milioni di barili giornalieri, frenata dall’intesa dell’OPEC + relativa ai tagli.
IL PESO DELLO STATO
Tuttavia, nonostante questi impressionanti risultati, la compagnia subisce inevitabilmente il suo legame a doppio filo con la famiglia reale saudita. E’ sostanzialmente chiaro come la compagnia sia essenziale per le finanze saudite, infatti il 60% delle entrate deriva dal petrolio e pertanto risente fortemente delle sue fluttuazioni.
Per le agenzie di rating internazionali il giudizio è poco entusiasmante. Abbiamo Moody’s che concede A1 e Fitch con A+, in linea con il rating assegnato al governo dell’Arabia Saudita. Legame che pesa non poco, dato che secondo gli stessi analisti senza di esso la compagnia potrebbe ottenere la stessa valutazione dei suoi competitors occidentali.
Nel frattempo il prezzo del petrolio ha ripreso la sua corsa attestandosi a 60,8 dollari per il WTI e circa 68,6 dollari per il Brent. Un rialzo che segue il forte crollo di novembre 2018.