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Stefano Cucchi: nessuna svolta sulla vicenda

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L’irrisolto caso della morte

Stefano Cucchi, il trentunenne che morì il 22 Ottobre 2009 durante la custodia cautelare. Uno dei tanti casi di cronaca nera italiana che ha coinvolto alcuni agenti di polizia penitenziaria, alcuni carabinieri e medici del carcere Regina Coeli. Il giorno dopo l’arresto, il 16 ottobre, si tiene l’udienza per la conferma del fermo in carcere. Dopo il processo le condizioni del ragazzo peggiorano. Muore il 22 ottobre. Dopo la morte di Stefano Cucchi il personale carcerario nega di avere esercitato violenza sul giovane e vengono formulate diverse ipotesi sulla causa della morte. Le supposizioni sono indicizzate verso l’abuso di droga, condizioni salutari instabili pregresse o per il rifiuto del ricovero.

Carlo Giovanardi sottosegretario di Stato dichiara che Stefano Cucchi era morto di anoressia e tossicodipendenza. Dichiarazione della quale si pente dopo poco tempo scusandosi con i familiari. La famiglia nel frattempo per smentire le false affermazioni sulla morte di Stefano, pubblicano delle foto scattate in obitorio. Volto tumefatto, mascella fratturata, occhio rientrato e dentatura rovinata sono i traumi del corpo. Un evidente stato di denutrizione, dichiarano le autorità “competenti”, ad averlo portato alla morte. Ma in tutto questo la famiglia del giovane non è in comune accordo. Convinti del pestaggio ai danni del familiare portano avanti per tutti questi anni il processo, affinchè si faccia luce sui fatti realmente accaduti.

L’interminabile processo

Un processo che va avanti da ben nove anni vede coinvolti i familiari di Stefano Cucchi. Responsabilità, colpe, verità mai dette sono sentimenti che perseguitano tutte le parti coinvolte. Ilaria Cucchi, la sorella, dichiara di avere fortemente voluto questo processo affinchè si scoprisse la verità. Ma a quanto pare nessuno è in grado di dare risposte o se non altro non possono dire cosa è realmente accaduto. Riccardo Casamassima, Francesco Tedesco e Maria Rosati tutti e tre carabinieri, hanno permesso la riapertura del caso con le loro dichiarazioni. Avevano raccontato del pestaggio e delle percosse inflitte al giovane e per questo hanno subito conseguenze sul lavoro.

La sorella inoltre dichiara: “dal generale Nistri mi sarei aspettata non dico delle scuse, ma certo non 45 minuti di sproloquio contro Casamassima, Rosati e Tedesco, gli unici tre pubblici ufficiali che hanno deciso di rompere il muro di omertà nel mio processo”.

In un processo dove stanno emergendo gravissime responsabilità, siamo sicuri che non vi sia proprio adesso una insopprimibile esigenza di punire proprio coloro che hanno parlato?

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