Guerra in Siria? Studiare il Passato per capire il Presente.
Dopo l’attacco da parte degli USA e dei suoi alleati in Siria si teme l’effetto domino. Il rischio, arrivati a questo punto, è che le borse possano risentire delle tensioni internazionali. Quali potrebbero essere gli effetti nel breve e nel lungo periodo?
LA POLVERIERA MEDIORIENTE
Questa crisi in medio oriente sembra più legata a degli interessi economici sulle materie prime che altro. Oggi operatori finanziari e trader sono coscienti che le borse guarderanno alla Siria. Ma qual è lo scenario che potrebbe concretizzarsi? Nel caso in cui tutto dovesse rivelarsi un polverone è probabile che le borse subiranno una scossa iniziale per poi ritornare ad un andamento normale. Se la situazione dovesse degenerare, il passato insegna che l’azionario potrebbe risentirne considerevolmente, con un consequenziale rialzo dei rendimenti sui titoli governativi; in questo contesto sarà l’ago della bilancia a presagire le eventuali ripercussioni sui mercati. Se tutto fosse positivo per gli USA e per i suoi interessi, le borse potrebbero trovare degli spunti essenziali per puntare ad un repentino rialzo.
CONTESTUALIZZARE LA GUERRA IN SIRIA
Ogni guerra ha una sua storia, dei suoi motivi e delle dinamiche diverse. È necessario, dunque, esaminare il contesto all’interno del quale ci si muove. Altre cose essenziali da tenere in considerazione sono il luogo in cui il conflitto si svolge e il numero e la portata delle nazioni coinvolte nello scontro. Ma in passato cosa è accaduto? Basta analizzare l’andamento di Wall Street dinanzi a 7 conflitti per capire cosa potrebbe accadere: Grenada ’81, Panama ’89, Guerre del Golfo ’91 e ’93, Afghanistan ’01, Libia ’11.
QUANDO SALGONO LE BORSE?
In tutti questi contesti possiamo apprezzare un minimo comune denominatore: nel periodo precedente alla guerra, la volatilità tende ad aumentare considerevolmente. Poi, quando le guerre sono effettivamente scoppiate, si apprezza un rialzo nell’arco di pochi giorni da parte delle borse. Sintetizzando: quando ci troviamo innanzi a delle aspettative di guerra, i corsi azionari calano. Quando poi la guerra inizia, le Borse tendono a salire. Ma questa cosa ha senso? Ovviamente! Tutte queste dinamiche hanno una logica. Il mercato non ama le incertezze. I ribassi sono dovuti all’attesa. “La guerra in Siria ci sarà o no?” e gli investitori perdono fiducia e iniziano a vendere. Appena il conflitto prende forma, per prima cosa, diminuisce la volatilità; se si preannuncia un conflitto celere e definito i compratori tornano nell’arena e scattano gli acquisti. Ma quali dinamiche ci sono dietro?
ALLE BORSE NON DISPIACE LA GUERRA
Partendo già dalla prima guerra mondiale si può notare come il Dow Jones sia sempre salito in caso di conflitto. Negli anni tra il 1914 e il 1918 il DJ segnò un rialzo del +21,1%. Stessa reazione per il secondo conflitto mondiale (+23%). Durante la guerra di Corea il rialzo è stato del +19,6% e nella guerra in Vietnam si segno un +20,5%. Durante le due guerre del Golfo si può apprezzare un rialzo più contenuto, ma non per questo meno significativo.
PERCHÈ L’AZIONARIO SALE?
Sveglia! Le armi sono la chiave di Volta. E lo dico in maniera cinica. Il discorso è semplice: gli investitori sperano di totalizzare i loro guadagni sulle attività legate all’industria della guerra. Ovvio è che in passato tale settore aveva un’influenza molto più incisiva rispetto ad oggi: ma il discorso non cambia. Le armi si producono, le armi vanno impiegate: fine della storia. Larry Neal, docente di Economia all’Università dell’Illinois sottolinea che «l’espansione del debito pubblico, dovuto all’incremento della spesa del Governo a sostegno dell’impegno bellico, fa aumentare la quantità di titoli scambiabili. Il che spinge i volumi del business oggetto di potenziale compravendita».
Tecnicamente si chiama “turning point”
Di cosa si tratta? Provo a spiegarlo in maniera semplice: di fronte all’avanzata dei Nazisti il Dow Jones si trovò in una fase volatile ove iniziarono delle vendite consistenti. Dopo la terribile battaglia di Stalingrado, che portò i sovietici alla vittoria, e la sconfitta dei Giapponesi nell’arcipelago delle Midway, si susseguirono una serie di eventi che indussero gli investitori a pensare che il conflitto potesse evolversi in favore delle forze alleate. In quel contesto ci si trova dinanzi ad un turning point, ossia punto di inversione. E di lì, nel corso di tutta la storia, gli investitori hanno iniziato a spingere il listino.
CYBER REVOLUTION ANCHE IN GUERRA? E NEL CASO DELLA GUERRA IN SIRIA?
La rivoluzione tecnologica degli anni ’90 ha operato ad una conversione del settore. La dinamica del rialzo a suono di cannoni viene confermata anche nei listini europei, soprattutto in contesti similari a quello attuale. Capire il perché di questa caratteristica comune è difficile e facile al contempo. L’evoluzione hi-tech ha portato l’economia ad un cambio repentino della sua fisionomia. La domanda legata al settore delle armi, oggi, può sicuramente avere un impatto inferiore sui listini. Oltretutto l’evoluzione tecnologica del mondo delle armi potrebbe non consentire più, attraverso il classico moltiplicatore keynesiano, la spinta al Prodotto interno lordo tanto nota e conosciuta nel passato. Quel che emerge scientificamente, però, è che dietro ogni guerra vi sono celati degli interessi economici non indifferenti, non si farà eccezione nel caso della guerra in Siria. Tutto a discapito di innocenti civili che ci rimettono la vita per motivi che, nella stragrande maggioranza dei casi, ignorano.