Saudi Aramco è la compagnia petrolifera che vale quanto il PIL italiano. Poco dopo il lancio della IPO che ha permesso di raccogliere ben 25.6 miliardi di dollari, il titolo prosegue la sua corsa in borsa. Con un valore di 1.7 trilioni di dollari, la compagnia saudita avvia il suo processo di privatizzazione.
Saudi Aramco e il petrolio di stato
Ufficialmente nota come Saudi Arabian Oil Company, nasce in Arabia Saudita nel 1933. Il nome originario era Arabian American Oil Company, poiché fondata dalla Standard Oil Co., la compagnia petrolifera californiana (oggi Chevron) di proprietà della famiglia Rockefeller. A quel tempo il governo saudita fornì le prime concessioni che permisero l’esplorazione di quello che è adesso tra i maggiori paesi produttori di petrolio al mondo. A questa cordata si unirono anche altre compagnie americane per investire nel petrolio, dopo che il primo pozzo fu trovato nel 1938 a Dhahran. Inizia così la storia di Saudi Aramco.
Siamo nel 1951 quando Aramco scopre il primo giacimento petrolifero offshore in Medio Oriente. Negli anni ’70 e ’80, il controllo della società si sposta gradualmente al governo dell’Arabia Saudita. Infatti, durante gli anni ’70 del secolo scorso, il produttore di petrolio si è rivelato come il maggiore traino per l’economia del paese. Questo ha permesso gradualmente l’acquisto di quote societarie da parte del governo. È il 1973 quando la partecipazione in Aramco tocca il 25% per raggiungere il 60% l’anno dopo.
Il controllo governativo e lo sviluppo
Dobbiamo aspettare gli anni 80, anni in cui il governo arriva a possedere il pieno controllo della compagnia al 100%.
Nasce ufficialmente la Saudi Arabian Oil Company (Saudi Aramco) una nuova società a trazione saudita. Questo ha portato alla guida come primo presidente e CEO nel 1988, il principe Alì I. Al-Naimi.
Successivamente, Saudi Aramco inizia a diventare una impresa petrolifera strutturata e integrata con i player mondiali. È del 1989 la costituzione della joint venture con l’americana Texaco, con la costituzione di Star Enterprises. Progetto poi trasformatosi in “Motiva”, che includeva anche la compagnia Shell.Per poi arrivare al 2017 quando Saudi Aramco diventa proprietario della più grande raffineria di petrolio greggio. Un affare non da poco visto che il sito è in Texas, a Porth Arthur.
L’Arabia Saudita e la leadership OPEC
Sarebbe riduttivo occuparsi della storia della compagnia tralasciando l’importanza strategica del paese come leader dell’OPEC. Infatti, l’Organizzazione dei maggiori paesi produttori di petrolio, la cui sede formale è a Vienna, ha come suo leader de facto l’Arabia Saudita.
È la fine del 2016 quando dopo ben otto anni i paesi OPEC si misero d’accordo per i tagli alla produzione di petrolio. Una misura che aveva come finalità il riequilibrio del mercato mondiale e del prezzo del petrolio. In quell’occasione i futures su Wti, Brent e i principali titoli iniziarono la salita.
Oggi abbiamo ottenuto un grande successo
ha dichiarato a margine della decisione Mohammed Bin Saleh Al-Sada.
Tuttavia, non si erano ancora manifestate a pieno le ambizioni petrolifere degli USA. Proprio sotto l’egida dell’amministrazione di Donald Trump il settore delle estrazioni di petrolio americano ha conosciuto uno sviluppo impressionante. Battendo tutte le stime, la produzione negli ultimi due anni è arrivata a toccare la quota di 12 mln di bpd. Come rilevato sia dall’EIA americano che dai rapporti della agenzie energetiche mondiali.
I tagli del 2019
Nel corso del meeting OPEC tenutosi nella sede di Vienna il 6 dicembre 2019, si è trovata un’ulteriore intesa sulla produzione.
Grazie al lavoro diplomatico di Arabia Saudita e Russia, è stato aggiunto un altro tassello importante per il mercato del petrolio. Da questo incontro è stato raggiunta un’intesa per continuare l’impegno al rispetto delle quote produttive. La timeline guiderà l’azione del gruppo fino al primo trimestre 2020. Un’azione che ha permesso di determinare la quotazione petrolio.
Proprio il principe Abdulaziz bin Salman, ha confermato un impegno supplementare del regno. Impegno che si traduce in ulteriori167.000 barili al giorno. Il che significa che il taglio complessivo della produzione sarebbe arrivato a 2.1 milioni di bpd.
Il paese è il leader de facto dell’OPEC agendo in modo che i paesi rispettino la direttive del gruppo. Non mancando di richiamare quei produttori che avevano continuato a sforare la quota di barili estratti. Una linea che, sulla base delle misure poste in essere in primis dall’Arabia Saudita, ha creato nuovi presupposti.
Un ulteriore dimostrazione dell’influenza del paese è stata la capacità di cooperare con un paese produttore esterno: la Russia. Proprio il gigante eurasiatico è stato fortemente motivato nel mantenere questa nuova linea d’azione. Un piano per la produzione e il mantenimento della quotazione del petrolio di cui hanno beneficiato (e beneficeranno?) tutti.
Il lancio della IPO Saudi Aramco
Il Principe ereditario saudita ha avuto come fulcro la diversificazione dell’economia del Regno. Un modo per estraniarla dalla sua dipendenza dal petrolio, da qui l’offerta pubblica iniziale (IPO) di Aramco. Raccogliendo ben 25,6 miliardi di dollari per sviluppare altri settori. Un piano a lungo termine che si pone l’obiettivo di 100 miliardi di dollari tramite una IPO internazionale.
Il lancio in borsa di Saudi Aramco
Nel secondo giorno di contrattazione, l’IPO record del regno ha una valutazione gigantesca di 2 mila miliardi di dollari.
Che è l’obiettivo di lunga data del principe ereditario Mohammed bin Salman per l’azienda.
La quotazione ha toccato il massimo consentito del 10% a 38,7 riyal ciascuno ($ 10,32).
Saudi Aramco vale così ben mille miliardi di dollari in più rispetto alle grandi aziende come Microsoft e Apple. Ha raccolto di più anche rispetto a quella che era considerata la maggiore IPO, ossia Alibaba.
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