Secondo la Banca d’Italia la cifra totale del risparmio degli italiani ammonta a più di 4.300 miliardi. E cresce l’ammontare di denaro fermo sui conti.
Le famiglie italiane confermano una sana abitudine, una situazione endemica sarebbe meglio dire, al risparmio. In particolare, il ceto medio starebbe riacquisendo stabilità economica e un aumento del proprio reddito e patrimonio. Un dato che conferma come il risparmio degli italiani sia una cospicua “garanzia” della nostra capacità patrimoniale.
LE CIFRE DEL RAPPORTO
Secondo l’Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani 2019, redatto dal Centro Studi Luigi Einaudi in collaborazione con Intesa San Paolo, leggiamo che «Il primo obiettivo degli investimenti resta la sicurezza; la liquidità è stabile al secondo posto; segue il rendimento di lungo termine». Per confrontare i dati, nel 2005 il denaro liquido rappresentava solo il 23% del totale, rispetto al 32% di oggi.
Nel rapporto si nota legge anche come sia aumentata la percentuale di patrimonio relativa agli investimenti immobiliari, il caro vecchio mattone.
Proprio la casa resta il bene rifugio prediletto dal ceto medio italiano, considerandolo a tutt’oggi la forma più stabile di investimento. Le finalità sono diverse, chi la considera una forma di risparmio consapevole e chi per destinarla ai figli o per la loro istruzione (studenti fuorisede).
IL CONTO CORRENTE
L’italiano è una forma atipica di risparmiatore. Questo tipo di profilo ci suggerisce come mai sui conti correnti sia parcheggiato denaro per più di 1.300 miliardi. Soldi contanti fermi, improduttivi e soggetti a costi e svalutazione.
Proprio l’alta disponibilità sui saldi dei conti ha fatto paventare l’ipotesi di una patrimoniale in stile Giuliano Amato del 1992. Il risparmio degli italiani fa molta gola al Fisco e ai governi di ogni colore e schieramento, come tutte le vie facili per far cassa.
Molte delle misure al vaglio delle autorità vorrebbero che queste somme accantonate venissero reintrodotte nell’economia reale. Infatti, oltre al rischio della tassa vi è il rischio di dover pagare anche i costi che le banche attualmente sostengono per i tassi negativi.
I MOTIVI
Ciò che spinge gli italiani ad essere delle brave formichine è sicuramente la paura per le incertezze derivanti dal futuro e dall’attuale situazione globale. Secondo i dati più del 53% dei correntisti italiani teme la recessione, un buon 40% la perdita del posto di lavoro. Quando si parla di investimenti finanziari prettamente speculativi le percentuali toccano cifre molto più basse, attestandosi ad uno scarso 14%.
Di certo i motivi di questa desolante avversione verso gli strumenti e le forme di investimento sono da ricercare in una scarsa educazione finanziaria. E’ noto come in Italia qualsiasi argomento inerente la finanza sia avvolto da un alone di mistero e perfino di sdegno. Un fenomeno che riguarda non solo i privati ma anche numero sempre maggiore di imprenditori e professionisti che ancora faticano a investire in maniera decisa e consapevole (chi può farlo, ovviamente).