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Riserve auree: quanto oro ha l’Italia e il resto del mondo

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L’importanza delle riserve auree e dell’oro come bene rifugio dell’economia mondiale è risaputo, e il motivo va ricercato nelle sue caratteristiche fondamentali. Fin dall’antichità, l’uomo ha sempre trovato nel metallo giallo una sua naturale attrazione. Da sempre protagonista della storia economica, l’oro è considerato il protagonista delle dinamiche fondamentali e valutato come indice di ricchezza delle nazioni. 

Riserve auree: l’importanza dell’oro

Da sempre protagonista della storia economica, l’oro è considerato il protagonista delle dinamiche fondamentali e valutato come indice di ricchezza delle nazioni. Per via delle sue caratteristiche chimiche e fisiche è uno dei materiali che meglio si presta alla conservazione e alla trasformazione. Per questo motivo in antichità è stato il mezzo principale degli scambi andando via via associandosi ad altri metalli meno rari con cui venivano realizzate le leghe che poi davano vita alle monete utilizzate negli scambi commerciali. Questo perché i metalli preziosi erano accettati in ogni parte del mondo del conosciuto. 

Nelle economie contemporanee, le riserve auree nazionali continuano ad assumere un ruolo di primo piano come in passato. Anche dopo l’abbandono del gold standard e del sistema aureo. Infatti, da sempre gli stati che detengono il metallo giallo sono considerate più ricche e solvibili rispetto alle altre. Al giorno d’oggi la situazione non è cambiata, infatti gli stati nazionali continuano nella loro corsa all’oro come strumento di garanzia nei confronti degli altri paesi o istituzioni finanziarie internazionali, anche in virtù di precisi accordi. E, ovviamente, gioca un ruolo fondamentale nei rapporti di gioco forza tra le varie potenze. 

Quanto vale l’oro delle banche centrali

riserve auree

Il valore dell’oro dipende dalla sua purezza. Infatti, la maggior parte dell’oro estratto ogni anno nel mondo è destinata alla trasformazione (gioielli e industria). Per questo motivo la maggior parte dell’oro da investimento, per così dire, o quello che compone le riserve auree di cui parliamo è sotto forma di lingotti o monete. I primi sono composti solitamente da oro puro, ossia composto al 99,9% da oro (questo perché è composto anche da altri metalli nella lega come l’oro e l’argento) mentre per le monete solitamente si attesta al 99,5%. L’ultima rilevazione dell’Istituto di via Nazionale a fine 2018 stimava il valore dell’oro detenuto a circa 88 miliardi di euro. 

Il valore commerciale dell’oro è fissato giornalmente dagli scambi che intercorrono sulle borse internazionali.

Le maggiori riserve auree nel mondo

Secondo i dati aggiornati, le riserve auree nel mondo al gennaio 2022 risultano così composte:

 

Riserva aurea Italiana: storia e cifre

Prima dell’entrata in guerra, la riserva d’oro della Banca d’Italia ammontava a oltre 561 tonnellate. Lo scoppio del conflitto ha costretto il paese, guidato dal governo fascista, a cedere ingenti quantitativi di metallo prezioso per finanziare le spese belliche. Riducendone le riserve a sole 106 tonnellate. Alla drastica riduzione non hanno contribuito solo gli enormi costi della guerra ma persino le razzie compiute dai nazisti in ritirata. Infatti, dopo l’armistizio del ’43, le truppe tedesche procederono al regolare trafugamento di lingotti dal caveau di Palazzo Koch. L’ingente bottino è stato trasferito nel super fortificato Forte di Fortezza in Trentino Alto Adige, al tempo territorio sotto controllo nazista.

Alla fine della guerra, gli Alleati recuperarono ciò che era rimasto nel Forte per riportarlo a Roma. Nel 1946, la Commissione tripartita incaricata di riassegnare l’oro rubato dalle truppe tedesche in ritirata, assegnarono alla Banca d’Italia circa 32 tonnellate. Questo a fronte delle 69 tonnellate legittimamente reclamata dal’Istituto, a cui è seguita nel 1958 un’ulteriore assegnazione di 12,7 tonnellate. Solamente dopo questi anni turbolenti e devastanti per l’intera Europa, l’Italia vedrà un periodo di prosperità, il noto boom economico. 

Oro in Italia: il dopoguerra e il boom economico

Grazie a questo periodo di forte espansione industriale e commerciale, il Bel Paese ha iniziato a diventare una potenza economica globale. Il progresso economico permise così un rapido sviluppo e la diffusione di ricchezza e benessere. Con il crescente afflusso di capitali stranieri, specie i dollari americani, si ricominciò ad acquisire più oro. Anche per ottemperare agli accordi internazionali come gli accordi di Bretton Woods. La politica di acquisti della Banca d’Italia, soprattutto per tramite dell’Ufficio Italiano Cambi, portò le riserve auree a circa 244 tonnellate alla fine degli anni ’50.

A cavallo tra gli anni 50 e 60, l’UIC iniziò una massiccia opera di acquisti che portò l’Istituto di via Nazionale ad accumulare 2000 tonnellate di riserve auree italiane. Durante la crisi petrolifera del 1973, un quinto delle nostre riserve servì come garanzia alla Germania per erogare un prestito di due miliardi di dollari all’Italia. Senza la presenza di questa condizione, non sarebbe stato facile ottenere questo “aiuto”. L’ultima rilevante variazione di consistenza si è avuta solo con l’arrivo dell’unione monetaria europea. In occasione di ciò, nel 1999, la Banca d’Italia inviò alla BCE 141 tonnellate d’oro. Le attuali riserve auree italiane ammontano, secondo i dati ufficiali, a circa 2452 tonnellate.

Dove si trova l’oro della Banca d’Italia?

Le riserve auree italiane non sono detenute esclusivamente nei forzieri della Banca a Roma. Sempre in virtù di accordi internazionali e per esigenze legate alla politica finanziaria dell’Istituto, sono così distribuiti:

Allocazione delle riserve auree italiane presso banche nazionali e istituzioni straniere.

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