Il tema del rapporto deficit PIL è sempre attuale, specie quando c’è da discutere ogni anno la Legge di Bilancio. La relazione fra queste due misure è particolarmente temuta sulla base di quanto stabilito all’interno del Patto di Stabilità e di Crescita, risalente al 1997. Infatti, ogni stato appartenente all’Unione Europea ha sottoscritto un accordo, dove il rapporto deficit PIL non può essere superiore al 3%.
Sforare questa soglia comporterebbe l’avvio di una procedura per deficit eccessivo da parte del Consiglio UE. Lo Stato inadempiente dovrebbe poi ricorrere ai necessari correttivi per riportare il rapporto deficit PIL sotto la soglia limite. Di questi casi ne abbiamo visti tanti negli ultimi tempi. Quello con più conseguenze riguardò la Grecia che, nel pieno dell’autunno del 2009, attraversò una profonda crisi economica. Il rapporto deficit Pil greco si attestò al 13,6% (ben oltre alla soglia del 3%).
Cosa significa PIL: definizione
Prima di approfondire questo rapporto, è bene analizzare cos’è il PIL e il significato del deficit. Il PIL è il Prodotto Interno Lordo, ossia il valore derivato dai prodotti e dai servizi realizzati in uno Stato in un preciso arco temporale. Per questo parametro conta solo il contesto geografico, dove viene creato il prodotto o erogato il servizio e non la nazionalità del produttore.
Come si calcola il PIL?
Questo indicatore macroeconomico esprime la condizione di benessere di uno Stato, al punto che rappresenta la più importante nell’ambito delle decisioni di tipo politico ed economico.
Il calcolo del PIL avviene con tre metodi:
1. metodo della spesa: si tiene conto del punto di vista della domanda.
Si sommano le seguenti voci:
- i consumi (spese nei beni di consumo, negli articoli durevoli e nei servizi);
- gli investimenti effettuati dai cittadini negli immobili e nei beni strumentali, dalle imprese in ricerca e sviluppo;
- la spesa pubblica;
- le esportazioni nette che derivano dalla differenza tra le esportazioni e le importazioni.
2. Metodo del valore aggiunto
Il metodo del valore aggiunto tiene conto del punto di vista dell’offerta: il calcolo viene effettuato sottraendo i costi necessari alla realizzazione di un prodotto da quelli di vendita. Prima di arrivare alla vendita finale ci sono tutta una serie di costi che apportano valore aggiunto al prodotto finale o al servizio definitivo: l’acquisto di materie prime o di semi lavorati, il ricorso alla tecnologia, ai macchinari e alla forza lavoro vanno sommati. E così si ottiene il PIL calcolato con il metodo del valore aggiunto.
3. Metodo dei redditi
Questo metodo considera i principali fattori di produzione, necessari per la realizzazione del prodotto finale o per l’erogazione del servizio fornito. Si tiene conto della forza lavoro e del capitale finanziario stanziato. Questi vanno remunerati con gli stipendi e con i profitti. Fanno parte del calcolo anche le imposte sulla produzione, l’IVA e, di recente, l’economia sommersa che, nonostante sia una piaga sociale, genera redditi.
Deficit: definizione
Dopo aver definito il PIL cos’è, è opportuno passare al significato del deficit, altresì noto anche come disavanzo pubblico o deficit di bilancio. Le uscite, di fatto, sono maggiori delle entrate. In termini tecnici, il deficit pubblico si ha nel momento in cui il saldo tra il gettito fiscale, ossia le entrate, e la spesa pubblica, cioè le uscite, è negativo.
Cos’è il rapporto deficit PIL?
Per identificare il significato del rapporto deficit PIL, occorre partire dalla definizione di deficit pubblico. Che cos’è? La quota di spesa statale, ossia i soldi necessari a pagare le pensioni o i costi della Pubblica Amministrazione, dove le coperture delle entrate, rappresentate in gran parte dalle tasse, non sono sufficienti.
Questo deficit, di fatto, viene associato al PIL, allo scopo di capire qual è l’effettivo stato delle finanze pubbliche.
Come si calcola il rapporto deficit PIL?
Alle entrate di uno Stato occorre sottrarre le sue uscite e il risultato va poi diviso per il suo PIL. A fronte di un PIL di 1.000 miliardi di euro, il deficit non potrà sforare i 1.030 miliardi di euro.
La differenza con il rapporto debito PIL
Molto spesso, si tende a credere erroneamente che il rapporto deficit PIL esprima lo stesso concetto del rapporto debito PIL. Non è così. Se nel primo caso, la differenza negativa fra le entrate e le uscite di un determinato Stato non deve oltrepassare la soglia del 3%, nel secondo caso, invece, si ha a che fare con il debito di uno Stato nei confronti di un creditore. In questo caso, non deve oltrepassare il tetto massimo del 60%.
L’importanza della soglia del 3%
Come mai con il Patto di Stabilità del 1997 è stato introdotto questo tetto massimo del 3% in riferimento al rapporto deficit PIL? La motivazione principale va fatta risalire all’intenzione di armonizzare nel miglior modo possibile le varie politiche di bilancio pubbliche e di stabilire i criteri inerenti all’appartenenza all’Unione Economica e Monetaria Europea.
Comprendere come cresce il rapporto deficit PIL, pertanto, è fondamentale: se ad esempio, un governo decide di aumentare la spesa, sta semplicemente puntando su riforme di tipo espansivo.
All’opposto, quando a fronte di un aumento delle uscite non vi è un incremento delle entrate, si registra un crescita del deficit. Di fatto, il rapporto deficit PIL sale.
Rapporto deficit Pil Italia
Il deficit dell’Italia era stato ridotto dell’1,6% negli ultimi anni. Poi, a causa della pandemia da Covid-19 ha toccato quota 11,1% nel 2020. Tutte le previsioni indicano chiaramente che nel 2021 sarà bel oltre alla soglia del 3%.
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