Il prezzo odierno del greggio (WTI) si è mantenuto ai livelli di chiusura della scorsa seduta, appena sotto i 67 dollari al barile, a 66,74$.
Un petrolio che rientra dopo aver toccato i massimi degli ultimi anni.
ARABIA SAUDITA MA NON SOLO…
La rapida discesa del prezzo del barile è, in primo luogo, dovuta alle dichiarazioni del ministro del petrolio dell’Arabia Saudita e del collega russo circa una rivisitazione dell’accordo sulla produzione OPEC.
Infatti, a detta di Khalid Al-Falih, sarebbero in corso delle trattative importanti con la Russia orientate ad aumentare le estrazioni.
Una mossa giustificata dalla necessità di venire incontro all’aumento di domanda globale, specie dei paesi emergenti. Fattore che incontra l’incognita prezzo, poiché come è stato ampiamente ribadito, le economie dei paesi in via di sviluppo potrebbero risentire del rafforzamento del dollaro. Un dollaro forte comporta la svalutazione delle valute di riferimento e il rischio di frenare i consumi.
Un rischio che porrebbe un freno alla domanda e che porterebbe gli speculatori a non vedere più in ottica long le loro posizioni. Speculazione che ha influito non poco sulla discesa del prezzo visto che anche grossi hedge funds hanno chiuso le loro (sostanziose) posizioni in buy.
L’OFFERTA
Su una possibile contrazione dell’offerta, avanzano timori relativamente al palesarsi degli effetti delle sanzioni verso l’Iran e la crisi Venezuelana.
Questi dati, anche con una riduzione che può superare il milione e mezzo di barili, non dovrebbero destare preoccupazioni. Dato che sia l’Arabia Saudita che la Russia compenserebbero la perdita aumentando l’output.
E L’OPEC
Questo ci riporta all’appuntamento del 22 giugno, a Vienna, dove si svolgerà il tanto agognato meeting dell’Opec allargata.
L’organizzazione dei produttori dovrà rivedere i suoi piani, considerando gli straordinari risultati che hanno portato a livellare il livello delle scorte e delle eccedenze.
Piano che ha permesso l’aumento del prezzo e la ripresa di vigore da parte del settore, compresa l’impressionante ripresa delle estrazioni SHALE OIL negli Stati Uniti (+25% dal 2016).
Il nuovo piano dell’Arabia Saudita e della Russia potrebbe prevedere l’aumento di produzione fino ad 1 milione di barili, per le ragioni di cui sopra.
L’unica certezza è che fino a quel momento saranno i rumors a guidare l’andamento.