La corsa del petrolio vuole spingersi fino agli 80 dollari, per la gioia dei paesi esportatori (come l’Arabia Saudita).
A New York il greggio (Wti) si è fermato alle porte dei 70 dollari (69,78$), mentre il Brent chiude in leggero rialzo a 79$ il barile.
L’aumento delle quotazioni è stato, inevitabilmente, incoraggiato dalle dichiarazioni dell’Arabia Saudita, soddisfatta dell’attuale andamento dei prezzi.
Infatti, Ryiad ha dichiarato di “sentirsi a proprio agio” con il prezzo del petrolio sopra gli 80 dollari, secondo quanto riportato da Reuters.
TRA DAZI E SANZIONI
Tuttavia, i motivi di questo clima rialzista non è dovuto solo a questa ventata di fiducia da parte dei sauditi. Il prezzo del barile rischia di essere, ovviamente, influenzato dalla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Il motivo è chiaro, i dazi e le restrizioni alle esportazioni potrebbero provocare un aumento dei consumi.
Come se ciò non bastasse, l’ormai prossimo avvio delle sanzioni varate da Trump contro l’Iran. Uno scenario che il segretario all’energia USA, Rick Perry, ha prontamente scongiurato.
Per il governo americano lo spettro di un rialzo dei prezzi è assolutamente da evitare, dato che prezzi troppo elevati rischiano di far contrarre i consumi.
Questo pericolo era stato già scongiurato da un abile lavoro diplomatico di Washington.
IN VISTA DEL MEETING OPEC
Il prossimo vertice dell’OPEC + che si terrà ad Algeri il 23 settembre, avrà all’ordine del giorno la ripartizione dell’aumento di produzione. Una riunione molto importante, che vede sempre più numerosi i partecipanti. Un tema caldo, visto che bisognerà valutare la posizione iraniana, il cui ministro del petrolio ha annunciato la sua non partecipazione.
Teheran, infatti, non è per nulla felice dell’ultima imposizione subita, vedendosi costretta a rivedere a ribasso la sua posizione.
Anche in questa occasione, Russia e Arabia Saudita dovranno ritrovarsi compatte e non si esclude che i membri potrebbero rivedere gli aumenti.
Il tutto dopo l’annuncio del ministro dell’energia russo, Alexander Novak, che ha lanciato la proposta di una collaborazione con Washington in proposito. Probabilmente effetto dell’incontro avuto col suo omologo americano durante la visita di quest’ultimo a Mosca.