Paesi emergenti e crescita, un connubio che da anni la comunità internazionale tenta di instaurare. Oltre ai casi più noti, stiamo assistendo ad una silenziosa risalita (non completa purtroppo) dell’Africa. Questo ci aiuta a capire le condizioni dei mercati emergenti quali sono.
Indice
Paesi emergenti – Africa, le prospettive di crescita
L’Africa è considerata il prossimo grande mercato in crescita, una analisi sempre più confermata negli anni. Ed i fattori per i quali ciò è possibile sono tanti. In primis la popolazione: il continente africano ha uno dei più alti tassi al mondo di persone giovani. Questo le consentirà di essere un importante mercato di consumo nei prossimi tre decenni, oltre il mercato dei servizi (come telefonia e comunicazione).
La dimensione digitale è un elemento fondamentale per la crescita, l’accesso all’informazione e ai media, smartphone e device. Un’apertura verso non solo all’informazione e quindi a dati su una miriade di consumatori, ma anche opportunità per la creazione di posti di lavoro. La crescita delle opportunità commerciali corre di pari passo con lo sviluppo e il maggiore benessere delle economie africane. Senza dimenticare l’apertura verso il settore finanziario, permetto di creare fondi paesi emergenti e investimenti.
Un importantissimo mercato che crea applicazioni in ogni ambito e l’accesso di nuovi operatori e lavoratori.
Paesi emergenti – gli alert oltre l’ottimismo
Nonostante questi motivi di ottimismo, i tempi procedono con le problematiche endemiche al Continente. Attualmente, i ritmi dell’Africa hanno incontrato una battuta di arresto. Per l’FMI e la Banca Mondiale le previsioni di crescita economica per il 2019 sono state ridotte. I dati mostrano per l’Africa subsahariana (SSA) un potenziale del 3,5% e 2,8%, rispettivamente, con una crescita nel 2018 al 2,3%.
Anche l’indice relativo alla povertà sale. Sulla totalità delle persone in estrema povertà, ben 437 milioni sono nel continente subsahariano. Sempre secondo i dati, ben 10 dei 19 paesi con le più alte disuguaglianze sociali e situazioni di svantaggio sono localizzate nel continente.
Se questo avvento di nuove misure e crescita sostenibile non produrrà nel medio termine una crescita significativa il quadro peggiorerà. Senza investimenti paesi emergenti, i numeri della Banca Mondiale sono chiari. Entro il 2030 potremmo presto vedere il 90% della quota totale delle persone più povere (al mondo) in Africa.
Paesi emergenti – quali sono le prime economie africane?
Anche se le aspettative generali sul continente restano torbide, giungono alcuni segnali incoraggianti. Di seguito, infatti, vedremo una classifica così riportata da World Finance che ci mostrano tra i paesi emergenti quali sono in crescita.
Si è dimostrato che in Africa è stata dirottata una quota importante di investimenti esteri. I primi su tutti, sono stati i cinesi. La Cina ha come progetti a lungo termine la creazione di vere e proprie infrastrutture per il rilancio del continente. Tutto all’interno dell’iniziativa “One Belt, One Road”. Non solo l’Oriente, anche paesi come Brasile e Germania hanno iniziato a investire nei paesi emergenti africani. I tedeschi hanno addirittura istituito un “Piano Marshall per l’Africa”, una misura per promuovere nuove rotte commerciali. Per riuscire nel progetto verranno costruite infrastrutture in grado di abbattere questo gap.
Paesi emergenti – i numeri della crescita
L’Africa conta comunque tra le sue fila, alcune delle economie in più rapida crescita al mondo. Di conseguenza, sono aumentate anche le prospettive a medio-lungo termine per gli investimenti. Per questo motivo, World Finance elenca le prime cinque economie in rapida crescita in Africa, secondo il World Economic Forum.
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Etiopia (8,5% del PIL)
Inoltre, hanno incentrato tutti i loro sforzi per aumentare le relazioni commerciali e presentare l’Etiopia e i suoi punti di forza. La competizione, nello specifico, mira a competere con il manifatturiero di Cina e India, specie per via del basso costo della forza lavoro.
Tuttavia, la modernizzazione dell’economia non è stata priva di effetti. I contraccolpi sul settore agricolo hanno portato l’Etiopia ad allontanarsi dall’economia agricola. Riforme che hanno portato anche a non pochi disordini e problemi sociali.
Costa d’Avorio (7,4% del PIL)
Il National Development Plan (NDP) lanciato dal governo per il periodo 2016-2020 mira a incoraggiare gli investimenti. Anche l’attenzione al clima è nell’agenda di governo, considerando l’impatto del cambiamento climatico e la pesante presenza di popolazione costiera. Tipologia di territorio e relativa popolazione che contribuisce all’80%.
Va ricordato che il paese è anche uno dei maggiori produttori mondiali di Cacao.
Senegal (7% del PIL)
Questo non lo ha escluso dall’influenza dell’estremismo islamico nei paesi vicini, un motivo per cui tenere alta l’allerta. L’economia senegalese ha visto comunque incentrata sull’agricoltura, che rappresenta il 15,4% del PIL.
Su questo settore hanno molta incidenza le condizioni meteo abbastanza significative. A ciò va aggiunto l’apporto del settore turistico, un comparto industriale altamente sviluppato grazie alla geografia. La presenza di coste molto estese ha una forte attrattiva sul settore marittimo e l’indotto economico. A Dakar si respira quell’atmosfera internazionale, grazie alla presenza di molte istituzioni finanziarie e bancarie, nonché enti governativi e rappresentative delle istituzioni francofone.
Tanzania (6,4% del PIL)
Il paese è comunque dipendente dal settore agricolo come traino della propria economia, aumentando anche la sua rilevanza sul PIL. Il deficit del paese è rimasto stabile al -2,1%, rendendo uno dei paesi più convenienti per gli investimenti rispetto al resto del Continente.
Rilevante è il contributo del settore finanziario, riforme e scelte audaci hanno consentito di creare un’ecosistema favorevole. La fornitura di servizi finanziari da parte di istituti non bancari, è stata una scelta con implicazioni positive.
Ghana (6,3% del PIL)
Questo solo dovrebbe farci intendere la portata delle risorse naturali. Anche il Ghana impone alle proprie frontiere dazi e tasse doganali per scoraggiare l’importazione e favorire la propria industria. L’agricoltura pesa circa il 20% del PIL, impiegando metà della forza lavoro del paese. Il calo dei prezzi del petrolio e una flessione delle spese del governo hanno richiesto un salvataggio del FMI di 1 miliardo di dollari. Fortunatamente, sembra che il paese sia nelle condizioni di onorare l’accordo nei tempi previsti.