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Non è un reddito di cittadinanza: quel sussidio sarà il peggior nemico dei Cinque Stelle

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Quella finanziaria sarà l’ultima, tra le manovre che hanno piegato le ossa di un curioso nascituro chiamato reddito di cittadinanza. Manovre politiche, o soprattutto lessicali si rincorrono fin quando, con un piede di porco del peso del 2,4% del PIL, la cassa del Tesoro farà clac. Ed il reddito di cittadinanza verrà alla luce. Poco importa se con le ossa rotte.

Perchè per quanto nulla di davvero tale sia stato realizzato, sono stampate sui libri le chiare istruzioni dei mostri sacri dell’economia. Materia tecnica, che non ha mai retto l’urto col muro della realtà. Che però vanta oltre mezzo secolo di anticipo sugli spettacoli di Beppe Grillo. Pur se è da invidiare, l’ideologo del M5S, quando fa sfoggio di una coerenza d’acciaio a proposito di reddito universale, o fine del lavoro salariato.

Peggio del REI. Un inganno per il Sud

Doveva essere una rivoluzione, il reddito per tutti. Non lo sarà mai più. Perché in Italia, per reddito di cittadinanza, si intenderà presto tutt’altro che un assegno di tipo universalistico. Ragione per cui, più che come un bluff, la vittoria festeggiata dai grillini sul balcone di Palazzo Chigi va affrontata come un irrecuperabile pasticcio. Di cui rispondere con imbarazzo anche al comico a cui il M5S deve la sua stessa esistenza.

A spiegarlo ci sono gli errori da matita blu dei numerosi peones che, catapultati al governo, sorvegliano l’operato di Tria al Mef. Per intero, l’argomento, lo esaurisce invece un agile libretto di Stefano Toso (Il Mulino, 2016): Reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito?

Ebbene, a domanda la bislacca creatura di Di Maio e colleghi non risponde affatto. Nemmeno per caso. L’assegno che il premier Conte ha annunciato per marzo non è universale. Andrà richiesto attraverso l’ISEE. E si tenga forte, l’elettorato pentastellato: così accade per il reddito d’inclusione, realizzato dal governo Gentiloni.

Rivoluzione all’indietro? Peggio. Non sarà concesso, o lo sarà solo in parte, a chi è proprietario di un’abitazione. Parametro che, nel Sud che il reddito lo aveva chiesto nelle urne, con percentuali bulgare, potrebbe sfoltire notevolmente la platea dei beneficiari.

Tiene insieme capre e cavoli. A costi altissimi

Accreditato su una carta elettronica, il sussidio non potrà essere speso liberamente, come avviene per il REI. Il governo vuole evitare spese immorali. Come contraddire chi lo paragona ad un cospicuo buono sconto per i supermercati? E se non bastasse la frettolosa retromarcia su questo fronte, fa sospettare l’inusuale scadenza data all’importo. Non si potrà infatti risparmiare quel denaro.

Pensino pure gli economisti che il risparmio sia una leva fondamentale per scavalcare la soglia di povertà: il reddito grillino deve dar fiato al governo fino alle prossime elezioni europee. Anche a costo di negare de facto la dignità di chi dovrà spenderlo qui ed ora, con il redivivo Stato etico a fare da badessa.

Ma se possibile le crepe maggiori si apriranno a monte del provvedimento. A reggerlo, anche idealmente, c’è una selva di disposizioni sicuramente costose e solo probabilmente efficaci, che l’iter parlamentare non mancherà di complicare. Che, come chiarisce il lavoro di Toso, nulla hanno a che fare con un trasferimento diretto in moneta.

Riformare i centri per l’impiego, prevenire che esploda il lavoro nero, giustificare l’assistenzialismo con strumenti di workfare – il cittadino in difficoltà cerca o presta lavoro, l’erario da lui sostentamento – vorrà dire tenere insieme, forzatamente, capre e cavoli. E’ l’effetto collaterale peggiore che potesse provocare il pressing della Lega, condannata ugualmente a rimanere in ambasce davanti la base produttiva che la sostiene. Dovendo saldare, con un alto interesse, il debito contratto per erogare il sussidio pentastellato.

Un boomerang che tornerà in faccia al governo

La Cinquestelle-nomics – suo malgrado – poco a che fare con povertà e disoccupazione. Con estremo riguardo per chi ne soffre i morsi, il governo Conte corre dunque un alto rischio ad attribuirsi l’esclusiva su questi temi. Specie se sciupa il suo tempo – e le risorse dei contribuenti – per giocare a guardie e ladri con commissari UE in scadenza.

Finché denaro non sarà erogato, è dunque politico il punto del reddito di cittadinanza. Convertendolo in uno stress test per scoprire gli imbarazzi del Bel Paese a proposito di libero mercato, spesa fiscale, debito, politiche attive del lavoro. Elysium Post chiederà ai lettori settimane di riflessione, per farlo. Proprio mentre il flusso dei mercati fa riemergere priorità sepolte dalla longa manus della propaganda.

Intanto la cassa è ancora chiusa e non resta che un’istantanea della campagna elettorale permanente in cui i gialloverdi sguazzano. Tempi in cui la povertà non sarà abolita. Ma ci si potrà chiedere se il ministro Di Maio non teme reazioni – reali, queste – di chi con la povertà ci fa i conti davvero. Anche se l’esecutivo è in piena luna di miele. O ne riceve una carta di credito, per spese vincolate, che povero lo farà restare.

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