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Maggioranza assoluta, relativa e qualificata in breve

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È identificata come il caposaldo della democrazia rappresentativa: il principio di maggioranza. È un elemento comune alla maggior parte degli organi collegiali o delle assemblee, e ovviamente di quelle politiche. Come principio cardine del sistema democratico, la maggioranza indica collateralmente la capacità di polarizzare una serie di consensi sulle proprie proposte. In politica quando e come avviene? È un processo basilare, ed è la ragione per cui bisogna spiegare la differenza tra maggioranza assoluta, semplice e relativa. E una piccola disamina su cosa significa maggioranza qualificata e perché si dice “maggioranza bulgara”. 

Maggioranza parlamentare: perché è importante

In una repubblica parlamentare, come quella italiana, il destino e le scelte politiche del governo dipendono dai voti in parlamento. La nostra Costituzione fa risiedere nel Parlamento la massima espressione della volontà popolare, e come tale ad esso attribuisce una serie di importanti prerogative.
E come ogni democrazia parlamentare, la maggioranza dei voti si ottiene mantenendo accordi e con la volontà dei partiti politici.
Ovviamente questa si determina sulla base dei risultati elettorali, e con l’accordo delle forze parlamentari che compongono il governo. In linea teorica questo dovrebbe avvenire ogni 5 anni, ad ogni nuova legislatura.

In Italia, lo sappiamo, questo equilibrio non ha mai avuto vita lunga, basti considerare che dalla nascita della Repubblica si sono avvicendati 66 governi. Come potete immaginare, la durata media di un governo (e relativa maggioranza) in Italia è molto traballante.
In quasi 70 anni di storia, l’unico record di durata di un governo è quella del Berlusconi II (1412 giorni).

Ricapitolando: il governo è l’espressione della maggioranza parlamentare. Rendendo questo legame imprescindibile per condurre un’azione di governo e rispettare il proprio programma.

Maggioranza assoluta (o semplice) e relativa

maggioranza assoluta

Le crisi di governo coincidono con la perdita del sostegno da parte dei partiti politici (e quindi di deputati e senatori) verso l’esecutivo.

I casi in cui è necessario “attestare” la maggioranza dei voti riguarda non solo la “fiducia” verso il governo ma anche in tutte le altre iniziative di natura governativa. Ecco perché a volte sembra che il Parlamento lavori “in contrapposizione” con il governo (vizi della politica italiana, non del sistema costituzionale).
Uno dei casi in cui sentiamo chiamare in causa la questione dei “numeri” riguarda il voto di fiducia sulle leggi o sul governo e la sua tenuta. In questa sede, ci occupiamo di identificare e spiegare le differenze tra maggioranza assoluta e relativa.

Maggioranza assoluta definizione. Questa maggioranza viene anche detta semplice: 50% + 1 degli aventi diritto al voto.

Maggioranza relativa: è data dalla maggioranza dei presenti al momento della votazione. Si verifica nei casi in cui non è necessario ottenere un tipo maggioranza diversa. Unica condizione è che vi sia il numero legale, previsto dalla Costituzione, per la deliberazione.

Maggioranza qualificata: prevede il raggiungimento di una determinata quota di voti tra gli aventi diritto, ad esempio “il 65% dei votanti”. A differenza della maggioranza assoluta, richiede una quota maggiore di voti a seconda degli atti o le procedure che la richiedono.

La composizione del Parlamento è di 630 deputati alla Camera e 320 senatori al Senato.

Quando serve la maggioranza assoluta?

L’emanazione di un provvedimento, e quindi il prendere decisione su un argomento, passa sempre per il voto. La maggioranza assoluta è richiesta nel nostro ordinamento in casi tassativamente indicati dalla Carta. Ad esempio:

  • approvazione del regolamento del Senato o della Camera dei Deputati
  • elezione del Presidente della Repubblica (dal quarto scrutinio in poi)
  • autorizzazione a procedere nei confronti di un ministro

Elezione del Presidente della Repubblica

Essendo l’Italia una repubblica parlamentare, l’elezione del Capo dello Stato è delegata a deputati e senatori secondo quanto stabilito dalla Costituzione all’art. 83. La procedura di elezione del Presidente della Repubblica è particolareggiata e vedremo perché. Secondo la carta, questa deve svolgersi con il Parlamento in seduta comune con la partecipazione di tre delegati per ogni regioni (eletti dai rispettivi consigli regionali). Solo la Valle d’Aosta esprime un delegato regionale. 

La procedura vuole che l’elezione si tenga a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dell’intera Assemblea (maggioranza qualificata). Se dopo i primi tre scrutini non si dovesse raggiungere la soglia, per eleggere il PdR si procederà fino al raggiungimento della maggioranza assoluta dei votanti.

E la relativa?

La differenza tra maggioranza assoluta e relativa risiede nel fatto che quest’ultima è quella prevista nella maggior parte delle deliberazioni. Infatti, a differenza di situazioni in cui è richiesta tassativamente, la maggioranza relativa è richiesta per molte delle questioni oggetto dell’attività parlamentare.
Anche in questo caso, sebbene si parli del numero dei presenti in aula al momento della votazione, è sempre richiesto il numero legale.

Maggioranza Bulgara

Questa non è un’espressione che ritroviamo nel nostro testo costituzionale. È per lo più un’espressione che fa riferimento a quei casi in cui una forza di governo ottiene una maggioranza schiacciante (quasi plebiscitaria). Storicamente ci si rifersice all’esempio della Bulgaria durante l’epoca sovietica e per questo motivo rimasta nel linguaggio politico in tono non positivo ovviamente. Nel caso italiano, la si usa per attaccare o riferirsi a casi in cui la maggioranza è ottenuta sulla base di azioni e accordi per scopi meramente politici.


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