Quando parliamo di inadempimento contrattuale e risarcimento del danno ci riferiamo a quel tipo di ristoro economico previsto per chi subisce un mancato o ritardato adempimento degli obblighi contrattuali. In parole povere, il soggetto che ha subito il torto per via dell’inadempimento (vedremo i presupposti) ha diritto di ricevere una compensazione pecuniaria. Una regolare esecuzione del rapporto contrattuale, però, è suscettibile di influenze esterne. Analizziamo i casi per verificare quando esistono i presupposti per agire in giudizio e qual è il termine per farlo.
Inadempimento contrattuale e risarcimento del danno: cos’è e quando si verifica
L’inadempimento si ha quando una della parti all’interno del rapporto contrattuale non riceve la prestazione pattuita con l’altro contraente. Può essere un bene, un servizio o anche un rapporto di credito. Sia ben chiaro che il caso di inadempienza deve essere imputabile alla volontà dell’altro contraente. Ed è il motivo per cui la parte inadempiente ha il compito di dimostrare di aver agito con buona fede e diligenza.
Premessa: responsabilità contrattuale art. 1218 c.c.
Bisogna prestare attenzione ai presupposti per dimostrare l’inadempimento contrattuale e risarcimento del danno da chiedere in sede giudiziale. Infatti, sebbene l’art. 1218 cc stabilisca chiaramente che il debitore inadempiente è tenuto sì a risarcire ma se responsabile. Quando si stipula un contratto, le due o più parti che contraggono sono tenute ad adempiere. Come recita l’art. 1321 c.c., con questo strumento le parti di cui sopra si impegnano a costituire, modificare o estinguere un rapporto giuridico di natura patrimoniale.
Il presupposto per l’adempimento è l’esistenza tra questi soggetti di una obbligazione. Questo vincola le parti del rapporto contrattuale a eseguire una prestazione di fare o non fare, oppure di dare.
Nel primo caso, può trattarsi di eseguire un lavoro materiale o professionale (fare) oppure di non entrare in concorrenza con l’altra parte (non fare). Nella seconda ipotesi (dare), può trattarsi del pagamento di una somma di denaro o della compravendita di un bene.
In altre parole, queste tipologie di obbligazioni corrispondono a dei comportamenti che le parti devono tenere (o non tenere). Sono tutta una serie di casistiche oggetto di rapporto tra due parti che può causare l’inadempimento contrattuale e risarcimento del danno.
Come valutare la responsabilità delle parti
Enta in gioco la responsabilità contrattuale, ricavabile sia dal già citato art 1218 cc e anche dall’art 1176 cc in materia di diligenza nell’eseguire l’obbligazione. Due disposizioni che confermano la responsabilità e conseguente obbligo di risarcimento per inadempimento contrattuale. Tuttavia, precisano anche che la responsabilità del ritardo o della mancata prestazione sia dovuta all’attività del debitore e non a cause esterne.
Nel richiamare questa diligenza, la norma fa riferimento a due tipologie:
- “Buon padre di famiglia” che è il criterio generale che ispira la maggior parte della disciplina relativa a obbligazioni e contratti. Una formula che può sembrare (e lo è) generica e astratta vista la sua interpretazione. Infatti, questa espressione è stata inserita come criterio per indicare una sorta di correttezza e buona fede tipica del padre. Un concetto che, chiariamo bene, va contestualizzato e quindi non inteso alla lettera del codice.
- “Diligenza qualificata” è l’espressione che indica un’obbligazione derivante da un’attività professionale. Detto in parole semplice è il caso dei rapporti contrattuali che si stipulano con i professionisti (l’avvocato per esempio). Visto che questa tipologia di soggetti possiede competenze tecniche specifiche, devono adempiere al contratto con diligenza. Per meglio inserirla in questo significato, facciamo riferimento alle conoscenze ed esperienze che il professionista ha maturato. E visto il grado di specializzazione che lui ha rispetto al soggetto per cui lavora è tenuto ad agire con perizia nella sua attività.
Presunzione di colpa e onere della prova
Il creditore può chiedere giustizia per l’inadempimento contrattuale e risarcimento del danno consequenziale. Sempre a norma dell’art. 1218 c.c., sul debitore inadempiente grava una presunzione di colpa con conseguente onere della prova. Significa che in sede giudiziale il soggetto inadempiente deve dimostrare (quindi provare) che la responsabilità della mancata prestazione non è “imputabile” a lui. E quando è imputabile? Quando il debitore non è in grado di dimostrare che la circostanza esterna non poteva essere evitata. E se lui lo ha previsto ma non ha fatto nulla per evitarlo entra in gioco la colpa. Infatti, significherebbe che l’inadempiente è stato negligente e non ha fatto nulla per contrastare il verificarsi dell’evento.
In definitiva, se il debitore dimostra di non aver potuto impedire il ritardo o il totale inadempimento non è tenuto a risarcire. Se non può dimostrarlo deve pagare.
Di contro, il creditore in sede processuale deve dimostrare solamente l’inadempimento da parte del debitore e l’entità del danno. Sotto questo aspetto entrano in gioco altri aspetti che riguardano il risarcimento per inadempimento contrattuale.
Risarcimento del danno per inadempimento: come si calcola?
Dopo aver accertato tutti i presupposti descritti nei precedenti paragrafi, bisogna capire quanto chiedere per il risarcimento del danno. Come si fa a calcolare il danno subito dal creditore a causa dell’inadempimento, facendo opportune distinzioni.
In questa sede il giudice non deve solo tenere conto dei danni prevedibili frutto del mancato rispetto del contratto. Quindi, i danni che il creditore avrebbe certamente subito se il debitore non avesse adempiuto, valutando la perdita economica. Infatti, questo è il c.d. danno emergente, diverso dal lucro cessante che riguarda il mancato guadagno prodotto dal danno subito.
Tra danno emergente e lucro cessante deve però esserci un nesso di causalità, dimostrando che le due situazioni sono collegate. Pertanto, l’inadempimento contrattuale deve compromettere in maniera dimostrabile le mancate entrate economiche derivanti dal suo verificarsi.
La prescrizione della richiesta di risarcimento
Nel caso dell’inadempimento del danno e risarcimento del danno da azionare, è necessario badare bene ai tempi di prescrizione per agire in giudizio. Il creditore che intende agire per il soddisfo dei suoi diritti e ottenere gli opportuni strumenti di tutela deve farlo entro un termine prestabilito.
La prescrizione per l’inadempimento contrattuale si eccepisce nel termine ordinario di dieci anni come recita l’art. 2946 c.c.
Leggi anche
Ricorso al Giudice di Pace contro le multe: ecco la guida
Articolo 650 Codice Penale: cosa rischia chi lo viola?
Dpcm e Decreto Legge: differenze e chiarezza sul tema