L’annuncio di Trump accende gli scontri sulla striscia di Gaza
“Sposteremo l’ambasciata USA a Gerusalemme!”.
E scoppia la guerriglia. Dopo le promesse fatte in campagna elettorale e le notizie che aleggiavano in questi giorni sembra proprio che Trump si sia deciso. Gli Stati Uniti d’America si apprestano a diventare la prima nazione a riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele.
L’annuncio della decisione è stato fatto. Ora si attende l’ufficialità. E, come era prevedibile, il mondo mussulmano è passato dalle parole ai fatti.
INTIFADA
I manifestanti palestinesi hanno già iniziato a bruciare manifesti raffiguranti Donald Trump e in tutta la Cisgiordania l’allerta è altissima.
L’esercito israeliano ha già dislocato ulteriori battaglioni nonché le forze speciali per prepararsi ad una possibile escalation delle tensioni e dei tumulti. Timore confermato dalle parole di Ismail Haniyeh, leader di Hamas, che giovedì in un discorso rilasciato ad Al Jazeera ha tuonato: “Esigiamo, chiamiamo e lanceremo un’intifada di fronte all’occupazione sionista”.
Nonostante si sia solo ad una dichiarazione di intenti, si rischia che la rabbia si estenda dai territori palestinesi a frange più ampie del mondo mussulmano.
L’ESEMPIO DI TRUMP
il leader israeliano, Benyamin Netanyahu, non poteva che esprimere la sua gioia per la decisione del presidente Trump. Il leader israeliano ha auspicato che altri paesi seguano il suo esempio. “Siamo in contatto con altri Paesi affinché esprimano un riconoscimento analogo – ha detto il premier in un discorso al ministero degli Esteri – e non ho alcun dubbio che quando l’ambasciata Usa passerà a Gerusalemme, e forse anche prima, molte altre ambasciate si trasferiranno. E’ giunto il momento“.
Un passo storico per Israele. E mentre da un lato del confine si gioisce, il rischio che si insinuino delle fratture nelle relazioni con i paesi islamici, fino a questo momento allineati con l’Occidente, è sempre più forte.
“L’annuncio ha il potenziale per rimandare indietro a tempi ancora più bui rispetto a quelli in cui stiamo già vivendo”, ha dichiarato il capo della politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini. “Questa mossa potrebbe ridurre il potenziale ruolo che gli Stati Uniti possono svolgere nella regione e creare più confusione intorno a questo”.
Secondo il segretario di Stato USA, Rex Tillerson, il presidente “sta semplicemente portando avanti la volontà del popolo americano”.
Una cosa è certa: il processo di pace ha subito una pesante battuta d’arresto.
Le speranze per una conciliazione, allo stato attuale, non si profilano per nulla incoraggianti.