La dicitura reverse charge, nelle fatture, fa riferimento al principio dell’inversione contabile dell’IVA, prevista all’art. 17 del D.P.R. 66/72, relativo all’esenzione IVA.
Un esempio di reverse charge è quello inerente i servizi di pulizie e all’installazione di impianti idraulici, per i quali chi assolve all’obbligo del versamento dell’imposta non è il prestatore dell’opera, ma il beneficiario, se questo risulta soggetto passivo IVA.
Per il 2022, tuttavia, questo regime fiscale non si estende a tutte le categorie imprenditoriali che potevano applicare l’inversione contabile, confermata l’anno precedente dalla Legge di Stabilità.
A seguito dell’emendamento, a livello legislativo, si sono verificate non poche incertezze, tra diverse categorie imprenditoriali, riguardo la dicitura reverse charge da menzionare nelle fatture, ma soprattutto in quali casi fosse obbligatorio applicare l’inversione contabile.
Questa miniguida ha l’obiettivo di chiarire i dubbi in materia, con riferimento alle categorie interessate dal provvedimento e con l’aiuto di qualche esempio di fatture in regime reverse charge.
Il regime reverse charge: cenni storici
La ratio dell’introduzione del regime di inversione contabile, storicamente, nasce dall’esigenza di arginare il fenomeno, sempre più frequente in Italia, dell’evasione fiscale.
Per questo motivo, il D.P.R. 633/72, che regola l’istituzione e disciplina l’Imposta sul valore aggiunto, all’art. 17 prevede la possibilità di far assolvere al pagamento dell’IVA chi riceve il servizio, fermo restando che sia un soggetto passivo dell’imposta.
Di norma, è tenuto al versamento dell’IVA il prestatore del servizio, mentre con l’inversione contabile questi trasferisce l’onere al beneficiario, che in sede di liqudazione dell’imposta pagherà la differenza tra importo a credito e importo a debito.
I settori interessati dal regime contabile reverse charge
Gli ambiti merceologici interessati dal regime dell’inversione contabile sono quelli di:
- cessione di beni, quali fabbricati e attività strumentali;
- compro oro;
- cessioni intracomunitarie;
- pulizie;
- installazione di impianti idraulici;
- alcune categorie di prestazioni nel settore edile (tra cui completamento o demolizione di edifici).
Poiché non tutte le prestazioni di cui sopra possono beneficiare del regime di reverse charge, è raccomandabile consultare con attenzione il comma 6 dell’art. 17 del D.P.R. 633/72, per verificare che la propria attività rientri tra quelle elencate nel decreto.
Inoltre, il principio di inversione contabile non si applica per le prestazioni effettuate da imprese che adottano il regime forfettario, conosciuto anche come “dei minimi”, come da chiarimento ufficiale della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 37/E del 29/12/2006.
Come predisporre le fatture con il regime reverse charge
Per comprendere come dovrà fatturare un’impresa che rientra tra le categorie interessate dal regime dell’inversione contabile, saranno utili alcuni esempi di fatture, in base a una determinata categoria di cessioni di beni o prestazioni di servizi, in ambito intra-oppure extracomunitario.
Se l’azienda che presta la propria opera per un’altra ed entrambe hanno la sede legale in uno degli Stati dell’Unione Europea, il prestatore, chiamato anche cedente, emetterà una fattura con la dicitura reverse charge, addebitando l’Imposta sul Valore Aggiunto al cessionario, ovvero colui che beneficia della prestazione.
Quest’ultimo, da parte sua, dovrà integrare la fattura applicando l’IVA, secondo l’aliquota stabilita per quel determinato bene o servizio.
Una volta integrata, la fattura è oggetto di registrazione sul registro IVA acquisti, ma anche su quello relativo alle fatture emesse.
Nel caso in cui le cessioni di beni o le prestazioni di servizi siano rese da soggetti residenti in territori Extra UE, chi riceve la prestazione è tenuto a emettere un’autofattura, un documento con valenza fiscale e contabile che dovrà riportare l’imponibile e l’IVA, fermo restando che l’operazione in questione sia soggetta all’imposta.
Un fac simile di fattura reverse charge, immaginando di essere titolari di un’impresa di pulizie, indicherà, oltre ai dati relativi all’intestazione, l’imponibile e non l’IVA.
Sarà indispensabile indicare, nello spazio dedicato, la dicitura reverse charge ai sensi dell’art. 17, con relativo comma, del D.P.R. 633/72.
Ipotizzando che sia l’azienda di pulizie che fornisce il servizio, sia quella che lo riceve siano ubicate in Italia.
Il destinatario della fattura dovrà integrarla con l’importo corrispondente all’aliquota in vigore per i servizi di pulizia negli edifici.
Le novità introdotte nel 2021: reverse charge e fatturazione elettronica
Le principali novità introdotte nel 2021 riguardano la fatturazione elettronica; in particolare, le casistiche interessate dalla legislazione si applicano al reverse charge interno e al reverse charge esterno.
Il primo riguarda le operazioni tra imprese con sede legale e operativa in territorio italiano, mentre il secondo quelle intracomunitarie ed extracomunitarie.
In quest’ultimo caso, sia per le transazioni intracomunitarie che extracomunitarie non sarà obbligatoria l’emissione della fattura elettronica, ma la trasmissione mensile dell’esterometro. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul sito una guida aggiornata, consultabile al link.
Per le operazioni nell’ambito del territorio nazionale, invece, dal 1 gennaio 2021 è previsto l’obbligo di specificare le nuove specifiche tecniche e che prevedono l’abolizione di alcuni codici e l’introduzione di altri, come riportato nella guida dell’Agenzia delle Entrate.
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