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Debito pubblico italiano: significato e a quanto ammonta

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Il debito pubblico italiano rappresenta il debito dello stato e viene contratto dal governo centrale per finanziare la spesa pubblica. Questo significa che il governo prende in prestito denaro dal mercato e lo restituisce con interessi, come accade per un normale prestito. Tuttavia, le dinamiche che entrano in gioco mutano i fondamentali e di conseguenza anche gli oneri sul debito. Tra l’altro, alla pari di qualsiasi altro creditore, anche lo stato ha bisogno di essere affidabile. L’affidabilità creditizia di uno paese implica una serie di atteggiamenti e azioni che poi si tramutano nel famoso (spesso odiato) rating. 

Ed è naturale che nel corso dell’ultimo anno il valore del debito pubblico mondiale sia cresciuto per le necessità connesse con la pandemia. Anche in questo caso, da paese a paese, sono state sostanziali le differenze e le modalità di accesso ai prestiti. Fortunatamente, l’intervento delle Banche Centrali e di organi sovranazionali come l’Unione Europea sono state di forte supporto a queste esigenze. Come nel caso europeo del Recovery Fund, che potete approfondire qui.

Debito pubblico italiano: definizione e considerazioni

Sul debito pubblico bisogna fare una premessa per capire quali sono le parole chiave e i concetti da associare a questo concetto.

  • Il debito pubblico è una forma di debito emesso da un governo centrale, solitamente in obbligazioni e titoli, per finanziare la spesa e la crescita interna. 
  • Solvibilità e rating: il più grande rischio legato al finanziamento del debito pubblico è l’insolvenza dello stato debitore. Infatti, a determinare l’affidabilità e il grado di solvenza di un paese viene stabilito un rating da parte delle agenzie di rating internazionali.

Nel nostro caso, il debito pubblico italiano non fa altro che indicare quanto è necessario per finanziare i fabbisogni dello stato. E per finanziare tutte le spese (in tutti i settori) è necessario avere liquidità. Per capire a quanto ammonta il debito pubblico bisogna tenere conto degli avanzi e dei disavanzi pubblici registrati nel dato periodo.

E come aumenta? Quando le entrate tributarie (o gettito fiscale) non sono sufficienti a coprire la spesa pubblica. E per finanziare la parte non coperta, e quindi in deficit, il governo vende (emette per meglio dire) titoli di stato. Questi titoli non sono altro che parti di debito pubblico che verrano poi riacquistate dallo Stato in cambio di un interesse sul capitale investito. Ma finanziare il debito pubblico di un paese non è una procedura semplice come può sembrare. E oltre i dati macroeconomici entrano in gioco anche interessi di natura politica. Queste dinamiche entrano in gioco anche quando si parla di debito pubblico italiano.

Politica e finanziamento del debito

Il nostro debito è soggetto a valutazione, insieme a lui anche il nostro sistema politico, produttivo e sociale. Uno dei fattori più importanti è sicuramente la stabilità politica e la relativa garanzia fornita dai rappresentanti politici. Un governo, e relativi rappresentanti, sono giudicati dalle azioni e dalle riforme che mettono in campo e dalla gestione dell’amministrazione statale. Questo si traduce in considerazioni dove chi conduce sane politiche interne di crescita e di razionalità nell’amministrare la spesa pubblica è sicuramente più affidabile di chi è più sconsiderato. 

Ovviamente, non è solo un’adeguata rappresentanza politica o ottimistiche prospettive a soppiantare gli altri criteri di rating. Quando il governo si appresta a chiedere denaro per finanziare il deficit, potrà in virtù del suo punteggio riuscirà a vendere le sue obbligazioni e titoli di stato a condizioni migliori.

Debito pubblico italiano: a quanto ammonta?

debito pubblico italiano

La questione del debito pubblico Italia si intreccia spesso con considerazioni e polemiche politiche che creano più confusione che soluzioni. La recente sfida pandemica ha richiesto enormi sforzi da parte di tutti i governi per fronteggiare l’attuale situazione di crisi globale. Tuttavia, non si possono ricondurre tutti i mali del nostro a questa, senz’altro gravissima, emergenza sanitaria e finanziaria.

Il debito pubblico italiano oggi è quantificato al 160% del PIL nel 2021. Dopo essere balzato dal 134,8% del 2019 al 159,7% del PIL a fine 2020, chiudendo lo scorso anno a 2571 miliardi di euro.

Non è solo la quantità di valore del rapporto debito PIL intesa in maniera secca e diretta a determinare la stato di salute di un’economia. Per fare un paragone andato molto in voga nei dibattiti, il Giappone a fine 2019 aveva un debito pubblico pari al 236,6% del PIL.

Composizione del debito

A incidere sulle valutazioni complessive vi è anche la composizione del debito, che ci dice chi e quanto ne detiene. Nel caso del debito Italia e del debito Giapponese questo dato assume differenti connotazioni. Infatti, sempre al 2019, in Giappone solo il 13% del debito pubblico è detenuto da enti/istituzioni finanziarie straniere. La porzione principale, che corrisponde a quasi il 45%, è della Bank of Japan. Questo significa che la Banca Centrale, di cui il governo nipponico è azionista al 55%, detiene l’effettivo controllo del debito. In Italia, invece, oltre il 30% è in portafogli di istituzioni finanziarie straniere, mentre il resto è suddiviso tra Banca d’Italia e soggetti istituzionali a controllo privato. Nel 2020, ha fatto il suo ingresso nella composizione del debito pubblico i prestiti contratti con le istituzioni europee nell’ambito del programma Sure.

Oltre a ciò, ma questo richiede ben altre considerazioni, bisogna guardare alla qualità degli investimenti pubblici e alla gestione dello stato. Ma alla luce di queste brevi e puramente educative considerazioni, ci sono spunti per meglio assimilare queste dinamiche. Dato che, inevitabilmente, facciamo tutti parte dello stesso sistema.


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