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Trump alle strette tra ritorsioni internazionali e opposizione interna.

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Il fronte della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e il “mondo” sempre più incandescente.
Ma la risposta ai dazi, adesso, viene anche dall’interno.

LA RISPOSTA EUROPEA E CINESE

I piani di Donald Trump per la sua guerra a suon di dazi procedono come da strategia. Venerdì al via il primo colpo su ben 34 miliardi di dollari di prodotti made in China.
Un’azione alla quale Pechino è pronta a rispondere con misure analoghe e che, come ovvio, scateneranno la pronta reazione di Washington.
Misure che, come annunciato a suo tempo dalla Casa Bianca, potrebbero arrivare a colpire la quasi totalità dell’export cinese verso gli USA. Una cifra che è stimata intorno ai 400-450 miliardi di dollari. 

Non solo la Cina, anche l’Europa è ormai obiettivo delle misure. Un’imposizione di dazi che adesso colpisce uno dei settori maggiormente rappresentativi, quello delle auto.
Il presidente Trump aveva infatti minacciato una tariffa del 25% sulle auto europee importate negli Stati Uniti. Una possibilità che ha scatenato le ire dei produttori e non solo.
Il settore conta un’export verso gli USA che si aggira intorno ai 40 miliardi di dollari, contro appena 6 miliardi verso il vecchio continente. Nonostante la sproporzione, però, l’industria automobilistica europea garantisce nel continente americano ben 120 mila occupati.
Inoltre, la Commissione Europea in un documento inviato al Dipartimento del Commercio americano, oltre a criticare le misure per la loro insensatezza, ha analizzato le ripercussioni.
Non solo questa guerra rischia di incrinare i rapporti con gli alleati e partner internazionali, ma colpirebbe le esportazioni americane per ben 300 miliardi di dollari.

IL FRONTE INTERNO

L’opposizione alle politiche commerciali di Trump non è solo esterna ma conta anche un fronte storicamente alleato dei repubblicani.
Come dichiarato all’agenzia di stampa Reuters, la Camera di Commercio degli Stati Uniti, uno dei più grandi gruppi di pressione, ha criticato le posizioni del presidente.
Critiche che vanno in direzione di una vera e propria campagna per opporsi a questo stato di cose.
Come dichiarato dal presidente dell’organo all’agenzia “L’amministrazione sta minacciando di minare il progresso economico che ha lavorato così duramente per raggiungere”. Aggiungendo che “dovremmo cercare un commercio libero ed equo, ma questo non è il modo giusto per farlo”.
La Camera conta ben 3 milioni di membri ed è rinomata per aver sempre lavorato a fianco dei presidenti. Su questa linea, infatti, aveva espresso apprezzamento per la riduzione delle imposte sulle aziende. Proprio per questo motivo hanno espresso la loro forte preoccupazione per i danni che questa “guerra” potrebbe causare al mondo economico e industriale. Timori che già i mercati hanno iniziato a sentire e, ovviamente, subire.

 

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