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Crisi del 29, dai ruggenti anni venti al crollo della borsa

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La crisi del 29, detta anche Grande Depressione, fu una delle più gravi crisi economiche della storia del mondo industrializzato, che dissestò l’economia mondiale al termine degli anni venti.

la crisi del 29 ebbe origine negli Stati Uniti il 24 ottobre con la crisi della borsa di Wall Street, definito anche dagli storici “giovedì nero” a cui susseguì il definitivo crollo di quest’ultima il 29 ottobre o cosiddetto “martedì nero”, dove la quotazione dei titoli azionari precipitò vertiginosamente portando squilibri sia tra gli investitori che tra le imprese, le quali non potendo più ottenere liquidità dalle banche, iniziarono a diminuire la produzione, generando così un effetto a catena che colpì la domanda di beni. Leggi anche crisi economica e crisi 2008 .

Il preambolo della crisi del 29, un passo indietro ai “ruggenti anni venti”

Per poter comprendere a pieno tutto ciò è opportuno effettuare un passo indietro, precisamente negli anni successivi al primo conflitto mondiale.

In quel tempo l’Europa, ormai dissanguata da cinque anni di guerra e dall’inflazione del dopoguerra, era alle prese con la ricostruzione dovendo fare anche i conti con l’alto costo in termini umani cui il conflitto l’aveva costretta.

Per alcuni anni l’economia dei paesi europei difatti fu in seria difficoltà: la domanda era superiore alla produzione, i prezzi continuavano ad aumentare, il potere d’acquisto diminuiva mentre aumentava il numero di persone senza impiego.

Ad aggravare ulteriormente la situazione, vi era la necessità di ritrasformare gli impianti industriali, che ormai producevano quasi esclusivamente materiale bellico, in impianti per la produzione civile.

In tale contesto, grazie ad una spinta verso il progresso, si elevarono invece gli Stati Uniti, che favoriti da un’amministrazione repubblicana, impegnata ad agevolare la crescita economica, consolidarono la posizione di paese più ricco del mondo, ottenendo risultati superiori alle speranze più rosee.

Nel primo quarto di secolo del ‘900, l’America, difatti, a differenza di tutte le altre potenze mondiali, vide un incredibile boom economico che favorì la creazione di nuove aziende nonché l’incremento della produzione e dei guadagni, generando di conseguenza una minore disoccupazione.

Figura 1-Andamento del prodotto nazionale lordo pro-capite (GNP) 1919-1930
Figura 2- Tasso di disoccupazione e forza lavoro 1920-1930

 

Cosa succedeva in borsa?

Tra il 1925 e il 1929 la Borsa di New York era cresciuta enormemente, portando a moltiplicare per tre il prezzo delle principali azioni, ma tutto ciò era frutto quasi esclusivamente della speculazione operata dalle banche, dalle società finanziarie, nonché dai piccoli azionisti, che prendendo a prestito denaro per acquistare titoli, nella convinzione di vedere moltiplicato il proprio capitale, in brevissimo tempo, crearono una crescente ondata speculativa che a null’altro avrebbe portato se non al totale disastro. Per saperne di più leggi anche bolla speculativa.

Il 24 ottobre del 29 iniziò difatti la fase che diede il via alla Grande Depressione che durò una decina d’anni.

La mattina di quel fatidico giorno, le contrattazioni ebbero andamento regolare, fin quando, verso le ore 11:00, gli ordini di vendita superarono enormemente quelli di acquisto, lasciando gli investitori all’oscuro del destino che li attendeva.

Quasi 13 milioni di azioni cambiarono di mano infrangendo i sogni e le speranze di coloro che le possedevano.

Neanche l’intervento dei banchieri attraverso il cosiddetto “sostegno organizzato”, riuscì ad evitare ciò che sarebbe accaduto nei giorni a seguire.

Figura 3-Dettaglio delle quotazioni dell’indice Dow Jones. Luglio-Dicembre 1929

Martedì 29 ottobre difatti fu una delle giornate più rovinose della storia delle borse, il mercato ebbe una netta caduta e l’indice Dow Jones scese di 40 punti costringendo molti a svendere ad un costo incredibilmente basso.

 

 

 

Quasi di colpo, la spirale ascendente delle quotazioni si tramutò in una rovinosa e rapida caduta.

Il crac della borsa ebbe subito ripercussioni sul sistema creditizio, sia perché alcune banche erano coinvolte nelle speculazioni, sia perché molti operatori, non potevano più restituire il denaro ricevuto in prestito dalle stesse, ed infine, perché i risparmiatori, spaventati dalla situazione, si affrettarono a ritirare i loro depositi.

Nell’arco di quasi tre anni, circa 9.000 istituti di credito, furono costretti a cessare l’attività.

Il tracollo distrusse il patrimonio di parecchie centinaia di migliaia di americani.

I passi successivi furono il crollo dei consumi, il ribasso dei prezzi, i fallimenti e l’aumento della disoccupazione che passò dai 2 milioni del 1929 ai 14,4 milioni dell’estate del 1932 (circa il 25% della popolazione attiva).

La crisi colpisce Germania ed Inghilterra

Il mondo capitalistico fu colpito da una crisi di tale ampiezza e profondità, da non reggere a nessun confronto con quelle precedenti, generando enormi squilibri nel sistema industriale, dove i flussi di capitale e di investimenti, che erano cresciuti costantemente nel corso degli anni, si interruppero, causando un restringimento della domanda aggregata che mise in difficoltà tutte le economie dell’Occidente, colpendo tutti i settori produttivi e tutte le classi sociali.

La prima ad essere intaccata fu la Germania, che ancora “convalescente” dopo la fine della Grande guerra e le pesantissime condizioni di pace imposte a Versaille, vide ritirati dagli Stati Uniti i capitali che finanziavano buona parte della sua economia.

La dichiarazione del cancelliere Heinrich Brüning, secondo cui, la nazione non era più in grado di regolare le riparazioni di guerra, aggravò ulteriormente la situazione, provocando un assalto alle banche da parte di moltissimi creditori, che impauriti dall’imminente collasso del sistema bancario, reclamarono i loro prestiti.

Dall’Europa cento-orientale la crisi si propagò rapidamente al mercato monetario londinese.

L’insufficiente riserva aurea della Banca d’Inghilterra, la fuga di capitali dalla Gran Bretagna e i problemi di politica finanziaria, minarono la fiducia del pubblico nella stabilità della moneta, costringendo l’Inghilterra, non solo ad abbandonare  la convertibilità della sterlina in oro e a lasciare fluttuare liberamente la propria valuta, ma anche a rinunciare a quel libero scambio in cui tanto aveva creduto, per introdurre pesanti dazi protezionistici.

Anche le importazioni e le esportazioni furono intaccate: la loro riduzione nonché l’aumento dei dazi doganali causato dall’introduzione della tariffa Smoot-Hawley in campo di rapporti economici internazionali, rese ancora più difficile per i paesi debitori esportare merci verso gli Stati Uniti.

Figura 4 – Tasso di disoccupazione e Prodotto nazionale lordo USA (1929-1939)

In poco meno di 3 anni il tasso di disoccupazione raggiunse il suo picco, poco sotto il 25% crescendo di quasi venti punti percentuali nell’arco di un triennio, generando così una contrazione dell’attività produttiva (-15% a/a nel 1932).

 

 

Quali sono le vere cause della crisi?

Di certo non è consono pensare che il crollo di Wall Street e la speculazione, anche se ebbero la loro parte di responsabilità, fossero in grado di provocare una recessione a livello mondiale che in soli tre anni portò ad una contrazione della produzione industriale globale.

Alcuni economisti, come Friedman e Schwartz difatti si sono concentrati soprattutto sulla crisi borsistica e finanziaria, focalizzando l’attenzione sugli errori di politica monetaria ed economica fatti dalla Federal Reserve e dal governo americano.

Keynes, invece, che ha dedicato numerosi interventi e suggerimenti di politica economica, mise l’accento sul livello troppo alto dei tassi d’interesse di lungo termine e sulla flessione degli investimenti antecedenti al crollo di Wall Street, nonché l’apporto di interventi di spesa pubblica. Per saperne di più sugli interventi effettuati leggi anche Keynes e uscire dalla crisi.

È da premettere però che se l’economia fosse stata fondamentalmente sana, l’effetto di tale crollo forse sarebbe stato lieve, ma l’economia non lo era; al contrario era terribilmente fragile e vulnerabile al colpo che ricevette Wall Street.

A tal proposito Robbins nel suo libro “The Great Depression” enunciò che nessun’unica spiegazione poteva bastare per rendere comprensibile tutto ciò; in un sistema non turbato da altre cause. Tale processo difatti non si sarebbe dovuto prolungare a lungo, sta di fatto che nella crisi del 29 le cose andarono molto diversamente.

La genesi di tale fenomeno poteva essere ricollegata esclusivamente al collasso di un generale movimento inflazionistico, ma il susseguirsi della depressione eliminò la possibilità di classificare tutte le cause sotto un’unica voce; avvenimenti politici, debolezze di struttura politica, psicologie ambientali, nonché le autorità monetarie hanno tutte una parte di colpa da non trascurare. Leggi anche confronto tra crisi economiche.

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